martedì 21 giugno 2016

Non ci sono scorciatoie istituzionali (e tanto meno) costituzionali allo sviluppo politico

L'ennesimo tentativo di forzatura istituzionale (tra costituzione e sistemi elettorale) difficilmente partorirà quell'ordine politico agognato dagli sponsor - più o meno occulti - di Renzi. Se pensiamo che sia una riforma delle istituzione a determinare sviluppo politico, cioè a invertire la tendenza alla erosione del potere in corso in Italia da decenni, sbagliamo di grosso.
Ci si dimentica che non sono state regole e leggi costituzionali a sortire momenti di creazione di potere (vedi fascismo) ma esattamente l'opposto. Quindi, pensare che sia una legge elettorale Acerbo 2.0 più un intervento complementare sulle istituzioni a ridare forza al potere, è ribaltare i nessi causali.
Il problema vero, è che uno Stato ipertrofico e baraccone, tende a creare partiti-stato o comunque partitocrazie che, per loro natura, sono aggregazioni di interessi, temporanei in genere, di gruppi, cricche, corporazioni, caste; e le aggregazioni di interessi di una società complessa sono naturalmente instabili. Ora, sono i partiti la sorgente del potere, nel mondo degli stati moderni, e partiti così assemblati, difficilmente producono potere, molto più facile ne consumino. Più che partiti, quelli nazionali sono poco più che sartorie di casacche e compagnie di taxisti.
Ricordo che “il potere deve essere diviso o collocato, ma deve anche essere prodotto ed ha funzioni collettive e distributive. È la capacità di mobilitare le risorse della società per il raggiungimento dei fini stabiliti con un impegno pubblico. È la mobilitazione, soprattutto, dell'azione delle persone e dei gruppi, che è vincolante in virtù della loro posizione nella società.” [Parson]

Nessun commento:

Posta un commento